Intervista a Leonardo De Chirico
In vista dell’Agape annuale delle Chiese evangeliche riformate battiste in Italia che si terrà il prossimo 25 Aprile ’07 a Bologna, abbiamo posto alcune domande a Leonardo De Chirico, anziano della Chiesa in Ferrara e membro della Compagnia degli anziani.
Redazione: Nell’incontro della Compagnia degli anziani dello scorso 21 ottobre 2006 l’evangelizzazione è stata definita una priorità per le Chiese evangeliche riformate battiste in Italia. Una scelta obbligata per non riprodurre iniziative portate avanti da altre opere o qualcosa di più?
Leonardo De Chirico: Una delle specificità della vocazione della chiesa è di evangelizzare e, per quanto siamo una realtà piccola, non vogliamo perdere di vista la ricchezza della nostra missione. In più, nel nostro Paese è storicamente mancata un’azione evangelistica che avesse un impatto significativo. Ciò non significa che non ci si debba dedicare con passione a questo compito. Al contrario, deve rimanere una priorità. Evangelizzare l’Italia era il sogno degli evangelici dell’Ottocento e noi non vogliamo perdere questo mordente. Infine, una certa visione caricaturale ritiene che le chiese riformate, in quanto affermano con convinzione la sovranità di Dio nella salvezza, non abbiano interesse per l’evangelizzazione. Questo non è vero e la nostra iniziativa è una testimonianza del fatto che la fede riformata è evangelizzatrice e missionaria.
R.: Nel 1988 Studi di Teologia pubblicava un numero della rivista dal titolo “L’evangelizzazione riconsiderata”, il tema dell’Agape 2007 è “Evangelizzazione recuperata”. Cosa è cambiato in questi vent’anni nella comprensione dell’evangelizzazione?
LDC: Quel numero di Studi di teologia apriva per il mondo italiano uno scenario che l’evangelismo mondiale stava vivendo. Nel 1974, il Patto di Losanna aveva rimesso nell’agenda evangelica una sollecitazione ad evangelizzare nella consapevolezza del bisogno di fedeltà all’evangelo biblico, unità nell’azione e impatto socio-culturale. L’agenda di Losanna è ancora molto attuale e bisognosa di essere assimilata e praticata. Si può dire che i nostri sforzi s’inseriscono nello “spirito di Losanna”.
R.: Teologia ed evangelizzazione sono spesso viste o vissute come discipline distinte se non contrapposte. E’ ancora così? O c’è un denominatore comune che sfocia nella complementarietà tra le due discipline?
LDC: Si tratta di una falsa polarizzazione frutto di una visione totalmente sballata. Come giustamente sostiene J.I. Packer nel numero di Studi di teologia del 1988, c’è una simbiosi tra teologia ed evangelizzazione. Una sana teologia spinge ad evangelizzare secondo l’evangelo. Un’evangelizzazione efficace è sempre teologicamente informata.
R.: Secondo alcune statistiche il mondo evangelico italiano rappresenta lo 0,3% della popolazione italiana, una percentuale che accomuna l’Italia a paesi integralisti come l’Arabia Saudita. Viviamo forse anche noi in un paese integralista?
LDC: Siamo un Paese che ha osteggiato la Riforma e in cui le propaggini dei Risvegli sono stati superficiali e marginali. A combattere l’evangelo è stato un potere, un’istituzione e una cultura religiosa che hanno reso il Paese sostanzialmente impenetrabile. In questo senso siamo un Paese integralista. Tuttavia, questa non può essere una scusante per rassegnarsi all’esistente. Ci sono spazi e strumenti per spezzare l’impermeabilità all’evangelo.
R.: In una società italiana sempre più pluralista e tollerante, è ancora possibile predicare una fede esclusiva, senza essere etichettati come dei fondamentalisti?
LDC: E’ un rischio che si deve correre. Sta a noi incarnare una fede ancorata alla rivelazione e aperta alla storia, sapendo poi che, in un certo senso, non esiste una persona che non sia “fondamentalista” rispetto agli assoluti che vive.
R.: A livello mondiale si registra un costante calo delle cosiddette chiese storiche, mentre per molti osservatori, il futuro del protestantesimo è senza dubbio evangelicale. Si può essere ottimisti?
LDC: Il fenomeno numerico e sociologico è senza dubbio significativo e cambia molte nostre rappresentazioni anche del recente passato. Oggi l’evangelicalismo “di massa” ha davanti a sé tre strade: la secolarizzazione che porta all’assorbimento ecumenico; il settarismo che porta all’emarginazione; l’alternativa evangelicale che, in linea con la storia evangelica, interpreta una vocazione ad essere sale e luce del mondo. I rischi di prendere le prime due strade sono sotto gli occhi di tutti. La domanda è: cosa farà da grande questo evangelicalismo “giovane”?
R.: Da oltre cinquant’anni la crescita più impressionante del movimento evangelicale avviene in paesi del Sud America, dell’Africa e dell’Asia. C’è ancora un futuro per l’Europa o non ci resta che guardare, con nostalgia, alle “radici cristiane”?
LDC: La speranza è propria della fede cristiana, anche per l’Europa. Guarda alle “radici cristiane” chi ha nostalgia del potere ecclesiastico sulla società. Noi dobbiamo guardare alla capacità dell’evangelo di essere il lievito della società senza che le chiese agiscano come poteri forti che si accaparrano dei privilegi. L’Europa è un campo missionario molto stimolante che non può essere affrontato con la nostalgia della “societas christiana”.
R.: Le chiese evangeliche in Italia hanno in media tra i 30 e i 100 membri, mentre in molti paesi il numero dei membri è decisamente superiore. Quanto conta il numero?
LDC: Ci sono vantaggi e svantaggi in ogni situazione. I numeri sono importanti, soprattutto per gli effetti a cascata della testimonianza evangelica, ma la militanza evangelica lo è ancora di più. Noi possiamo e dobbiamo essere militanti per l’evangelo nella nostra situazione.
R.: Molte chiese in Italia in questi anni hanno pregato per un Risveglio spirituale. E’ questa anche la preghiera delle Chiese evangeliche riformate battiste?
LDC: Storicamente, i risvegli significativi si sono verificati come onda lunga della riforma dottrinale, ecclesiale, sociale e culturale. In Italia, la Riforma non c’è stata e l’eco dei risvegli è stata debole. La nostra preghiera è per un risveglio che comporti una riforma identitaria secondo l’evangelo e che animi una mobilitazione delle passioni per il servizio cristiano in tutte le vocazioni.
R.: Secondo alcuni i segni caratteristici di una chiesa sana sono 9, secondo altri ci vogliono 40 giorni, altri ancora puntano sul numero 12. C’è una ricetta per la crescita della chiesa?
LDC: Ogni sollecitazione è benvenuta, a patto che non pretenda di diventare un modello “ex opere operato”, rigido ed esclusivo.
In anticipation of the yearly assembly of the Reformed Baptist Churches of Italy to be held in Bologna, 25th April 2007, we have put some key questions to Leonardo De Chirico, Pastor of the Church in Ferrara and a member of the Company of Pastors.
Editor: Last year, at the meeting which was held on 21st October 2006, evangelisation was defined as being a priority for the Reformed Baptist Churches in Italy. Is this a choice which is obligatory in order to avoid other forms of evangelisation already being carried out by others, or is something else involved?
Leonardo De Chirico: One of the unique ministries of the church is that of evangelisation, and although we may be small in number we do not want to lose sight of this unique calling. It is true that historically Italy has never experienced a form of evangelisation which has had a significant impact. That doesn’t mean that it can never happen. Quite the contrary! We feel this must be a priority. The dream of the evangelical church in the nineteenth century was precisely that of a dynamic evangelistic outreach and we don’t want to lose sight of that passion. There is also the fact that the Reformed Churches have also been subsumed in a caricature of those who don’t evangelise because they believe in the sovereignty of God. This is totally wrong and our efforts go in the opposite direction – evangelisation is our mission.
Editor: In 1988 the magazine Studi di Teologia published an edition with the title, “Reconsidering Evangelisation”. The theme of the this year’s gathering is “Recovering Evangelisation”. What exactly has happened to ‘evangelisation’ in these twenty years.
Leonardo De Chirico: That particular edition of Studi di Teologia aimedat communicating to Italy everything that was taking place in terms of evangelisation in the world at large. The 1974 Lausanne Covenant had squarely placed evangelisation at the heart of faithfulness to the Word of God along with its social and cultural implications. Lausanne’s agenda is still very necessary and needs to be assimilated and put into practice. One could say that our own efforts are directly in line with the “spirit of Lausanne”.
Editor: Theology and evangelisation are often thought to be separate from each other, even opposite one another. Is this true? Or is there a way in which the two are linked and can become complementary to one another?
Leonardo De Chirico: This is a false polarisation resulting from a vision which is totally out of place. As J.I. Packer correctly observed in that 1988 edition of Studi di Teologia, there is a symbiosis between theology and evangelisation. A healthy theology will always pursue a lively evangelisation according to God’s Word. Evangelisation which is efficacious will always be shaped by a wholesome theology.
Editor: According to some statistics, the Italian evangelical world represents .3% of the Italian population, a percentage comparable with those of integralist countries like Saudi Arabia. Are we in fact living in a country which is integralistic?
Leonardo De Chirico:
We live in a country which was totally hostile to the Reformation and in which the fruits of Revival have been superficial and marginal. The arch enemies of the Gospel have been a power, an institution and a religious culture which has made the country almost impenetrable. From this perspective we are an integralistic country. Nevertheless, this is no excuse for a spirit of resignation which passively accepts the status quo. Certainly there is room for the development of instruments which can break through with the Gospel.
Editor: In today’s increasingly plurastic and tolerant Italian society is it still possible to preach a faith which is exclusive without being labelled ‘fundamentalist’?
Leondaro De Chirico: I think this is a risk we have to run! It’s up to us to incarnate a faith which is rooted in the Scriptures and open to history. We do know. However, that in a certain sense no one who chooses to live with absolute values will not be a ‘fundamentalist’ in some way.
Editor: From a world-wide perspective there is a constant decline in the numbers of people attending the historic churches. For many observers, however, the future of the Prorestant church is without doubt in the hands of the evangelicals. Is this a reason to be optimistic?
Leonardo De Chirico: This sociological phenomenon is without doubt very important and denotes a major shift in the way we have thought about ourselves even with regard to recent history. Today I would say that the major block of evangelicalism has 3 alternatives in front of it: a process of secularisation which will lead to absorption by ecumenism; sectarianism which will lead to an increasing emargination; or the true evangelical alternative which in line with evangelical history interprets its calling to be salt and light in the world. The risks of the first two avenues are before us all. The question is; “what will this youthful evangelicalism be like when it is old?”
Editor: For more than fifty years the evangelical movement has grown so very impressively in South America, Africa and Asia. What does this mean for Europe? Do we have a future or do we have to simply sit and nostalgically look back on our Christian roots?
Leondardo De Chirico: Hope is a word which is rooted in the Christian faith – even for Europe. Those who are nostalgic of an ecclesiastical Christianity which is powerful over society are welcome to sit-and-look-back. Ours, instead, is to see how the Gospel has the capacity to be the yeast of society without the churches having to look for some kind of privileges which will guarantee their authority. Europe is a fertile and stimulating missionary field which cannot be faced with the nostalgia of the “societas christiana”.
Editor: The typical evangelical church in Italy has somewhere in the region of 30 – 100 members. In other countries those figures are much higher. How important is the question of numbers?
Leonardo De Chirico: There are advantages and disadvantages to every situation. Numbers are important, especially for the domino effect they have for the evangelical witness, but the evangelical militancy and fervour counts even more. We can be, and we must be, militant for the Gospel in our situation.
Editor: In recent years many Italian churches have been praying for a spiritual revival. Is this also the prayer of the Reformed Baptist Churches of Italy?
Leonardo De Chirico: Historically the important Revivals have taken place where there has been a doctrinal, ecclesiastical, social and cultural reformation. The Reformation has not taken place in Italy, the echoes of the Revivals are weak. Our prayer is for a Revival which will involve a Reformation of evangelical identity by the Gospel and which will awake a passion for Christian service in every area of life.
Editor: According to some there are just 9 characteristics of a healthy church. According to others you need 40 days. Still others are sure that you need the number 12. Do you think that there is a recipe for the growth of the church?
Leondardo De Chirico: Everyone’s analysis is a stimulating provocation so long as it doesn’t become the unique and exclusive model, “ex opere operato”.