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L’incontro era attraente. Uno di quelli a cui non si dovrebbe mancare: “A 500 anni dalla riforma protestante. Ripensare l’evento, viverlo ecumenicamente”. Esso era il primo di una serie di quattro incontri. Non c’è bisogno d’un osservatore molto brillante per capire che c’è un preciso disegno. L’incontro ha avuto luogo nella Facoltà di teologia cattolica. Dopo le parole del moderatore, hanno fatto la propria relazione due professori cattolici. Al termine non ho potuto fare a meno d’intervenire riassumendo in tre termini i miei sentimenti. 1. Emozione. Ho detto della mia emozione nel sapere che si affrontava il tema della riforma, un tema sospetto e falsato nel nostro paese, ma molto caldo per noi evangelici. Con tutti i suoi tentativi di riforma (della scuola, del lavoro, delle pensioni, della costituzione, ecc.) la nostra cultura italiana rimane evidentemente estranea all’idea di una vera riforma. D’altro lato non serve estendere il termine a tutti i tentativi di cambiamento come avviene in ambito cattolico per capirlo veramente. Nello sfondo rimane un’incomprensione di base. 2. Delusione. Ho espresso la mia delusione per l’assenza di una vera pluralità dei relatori. Nessun protestante o evangelico. Si parla di dialogo, ma che senso ha se è così selettivo? Si accetta solo chi sta al gioco favorendo una certa ipocrisia. “Per quanto ci riguarda possiamo dire di aver dato dimostrazione di cosa sia il dialogo tant’è vero che ciascuno di voi tre intervenenti siete stati invitati alle nostra Giornate teologiche organizzate dal nostro Istituto Ifed”. 3. Aspirazione. Il mio auspicio è che iniziative del genere mirino a un minimo di scientificità. Come si sa il primo criterio dell’indagine scientifica è che l’oggetto sia riconosciuto per quello che esso dichiara di essere. Sarebbe allora fondamentale che non si parli di Lutero senza veramente leggerlo. Parlarne senza leggerlo direttamente sarebbe un segno d’ascientificità preoccupante. Sarebbe altrettanto preoccupante parlare di riforma senza confrontarsi con chi è riformato.
Si può immaginare l’imbarazzo di questi professori dopo il mio intervento. L’attenzione e la cortesia non riuscivano a cancellare. La speranza è sempre quella di un ripensamento in qualcuno e solo lo Spirito Santo potrà farlo. Nel complesso sembra si debba ancora pensare alla solita tecnica cattolica. Quella d’inglobare in maniera progressiva e tangente posizioni avverse per neutralizzarle. Non ci vuol molto a immaginare che questa tecnica sarà usata per il 500mo anniversario della riforma protestante dell’anno prossimo (2017). Bisognerà cogliere allora ogni occasione per tentare di smascherare le distorsioni. Peccato per chi ignorerà l’evento o per chi si presterà strane operazioni. L’evangelo non ammette compromessi e una riforma senza riformati è veramente una povera riforma.
Pietro Bolognesi