Sfide per le chiese confessanti in tempi
di emergenza (XII)
Sulla
“postura”
adeguata
In questi tempi di emergenza sanitaria gli incontri
ecclesiali vissuti in modo interpersonale e
fisico sono sospesi sine
die. Nel frattempo sono stati
attuati in modalità on-line tramite i mezzi
tecnologici. E’ possibile, infatti,
organizzare on-line un culto di adorazione che
valorizza la centralità della
predicazione e pure il sacerdozio universale
dei credenti mediante la condivisione
di preghiere, letture e canti. Anche se
imperfetto, il risultato finale è
soddisfacente. Tutto ciò è motivo di
gratitudine al Signore, perché consente
seppur con limiti e difficoltà di mantenere la
Sua chiesa unita, permette di
nutrirla, di guidarla e di preservarla in
tempi di distanziamento sociale
imposto. Tempi in cui è ancora più facile che
ciascuno, appesantito
dall’incertezza, disturbato dai tanti rumori
mediatici, anestetizzato
dall’intrattenimento, si ripieghi su sé
stesso.
Tuttavia, è importante rimarcare che gli incontri comunitari
on-line possono risultare nella migliore delle
ipotesi, ovvero laddove sono ben
progettati e guidati, un utile compromesso.
Non sono una sostituzione della
vita comunitaria. E neppure potranno mai
esserlo. Per quanto gli incontri siano
ben impostati e realizzati lasciano dei vuoti
incolmabili. Ad esempio,
l’amministrazione del battesimo non è
praticabile; l’impegno al discepolato
comunitario e alla testimonianza sono
soffocati; la cura pastorale ne risulta
mutilata;
l’assenza di contatto fisico con le
conseguenti “privazioni” indebolisco i
servizi, le esortazioni e le riprensioni. Ma
ci sono altri limiti
non trascurabili di cui è necessario essere
consapevoli. Non si tratta di elementi nuovi
emersi con gli incontri in
modalità on-line; piuttosto, si tratta di
criticità già esistenti che
potrebbero amplificarsi e consolidarsi,
manifestandosi in tutta la loro
virulenza quando la vita delle chiese locali
ritorneranno alla “normalità”.
La
semplicità “di partecipazione” agli incontri
da vantaggio può trasformarsi in
una minaccia. Il fatto stesso di potere
accedere al culto di adorazione, ad
esempio, con un semplice click sul link
che collega alla
piattaforma digitale, può abbassare la soglia
di consapevolezza di quanto si
sta facendo. In effetti, risulta così facile
collegarsi agli incontri della
chiesa che vi si può partecipare con
immediatezza da qualunque ambiente di
casa, magari anche senza essersi ben
riordinati. Del resto, l’ambiente
familiare in cui ci si trova e le abitudini ad
esso collegate potrebbero
indurre ad una disinvoltura negli
atteggiamenti e nei comportamenti che nel
locale pubblico della chiesa difficilmente
sarebbero intrapresi. Ma vi sono
altre motivazioni più profonde per cui questi
atteggiamenti possono concretizzarsi.
Ne abbozzo sinteticamente alcuni, senza
ordinarli per importanza.
Il
senso del culto.
Non sembra sempre esserci
in chi si collega una chiara consapevolezza
che il culto di adorazione è
l’incontro della chiesa convocata da Dio per
comparire alla sua presenza. Perciò
si pensa di potervi accedere sic et nunc e
si partecipa sbrigativamente,
senza riflessione, senza timore. Non ci si
prepara adeguatamente per venire
alla presenza del Signore, forse perché si è
diluito il senso della sua
presenza, ovvero non si ha la viva percezione
della sua santità. Eppure il
libro del Levitico insegna chiaramente che non
si può comparire alla presenza
del Signore senza timore, senza riguardo,
senza rispetto (Le 19,2,5; Lc
18,9-14).
Pretesa
della spontaneità.
L’immediatezza viene
assunta come un tratto di spontaneità e
naturalezza che abbatte le forme e le
regole, ovvero le sovrastrutture sociali e
rituali a ciò che è essenziale. Sembra
ci sia una richiesta di autenticità. Ma
occorre altresì dire che si può essere
immediati e spontanei e altrettanto
superficiali, inadeguati e, oltretutto,
senza valorizzare l’essenzialità. Inoltre, non
tutte le forme sono vuote e
prive di significato: c’è una sana liturgia
che mira a valorizzare ciò che è
essenziale, ciò che è autentico (Ec 5,1-3; At
2,42-47).
La
tendenza all’individualismo. L’essere
confinati ciascuno nella propria abitazione
risveglia e riattiva l’anelito di
autonomia proprio della creatura separata dal
suo Creatore. La frammentazione
isola e solletica a fare ciò che ciascuno
ritiene opportuno, senza che ci sia
la necessità di essere responsabili verso la
chiesa del proprio vissuto; ma il
singolo è stato innestato dal nuovo patto in
un popolo chiamato a consacrarsi
al Signore (Ef 2,19-22; Eb 10,24-25).
Il
costo del discepolato.
La comodità con cui
si può fruire della chiesa e dei servizi che
da questa vengono offerti, senza
che corrisponda un impegno e un costo per
parteciparvi, rinforza l’attitudine
consumistica ed egoistica che il servizio mira
a sradicare. Inoltre, il comfort
delle mura domestiche rinforza la
privatizzazione della fede. Ovvero il rischio
è che si consolidi l’attitudine del fruitore
piuttosto che quella del
contributore; e che si viri più decisamente
verso l’esercizio di una fede
privata, piuttosto che una professione di fede
nella quotidianità della vita
pubblica (Mt 10,37-39; At 17,16,17).
Certamente vi
sono altri rischi non menzionati.
Ma quelli delineati non sono compatibili con
la vita di una chiesa confessante,
né pensando agli incontri attuali on-line,
né in prospettiva futura quando si
ritornerà a re-incontrarsi fisicamente. Del
resto, la vita di una chiesa
confessante è impegnativa, nel senso che
impegna personalmente e pienamente -
mente, anima, cuore - coloro che vi
aderiscono e partecipano. Pertanto, dovremo
fare tutto il possibile affinché nessuno
possa assistere passivamente ad uno
“spettacolo religioso”; occorre invitare i
credenti a partecipare in modo
responsabile all’adorazione, allo studio o
alla preghiera, a seconda del tipo
di incontro; occorre esortare i credenti ad
una partecipazione consapevole e
puntuale, ordinata nell’aspetto e composta
nell’atteggiamento, pronta a
ricevere e a contribuire. Concludendo,
occorre sollecitare il popolo di Dio ad
avere il senso delle cose di Dio.
Luigi Dalla Pozza
13/4/2020