Sfide per le chiese confessanti in tempi di emergenza (IV)
Sulla fiducia nella scienza
 
Una delle cose che l’emergenza da coronavirus ha messo davanti agli occhi di tutti è la capacità del personale medico e paramedico di vivere questa esperienza con una dedizione veramente straordinaria. Tutti hanno sentito parlare dei ritmi massacranti e dello spirito di sacrificio che ha accompagnato tutto il personale. Molti evangelici si saranno anche rallegrati al pensiero che un tema a loro così prezioso e d’origine evangelica come quello della vocazione sia diventato patrimonio di persone che non hanno nulla a che vedere con l’evangelo. Si tratta di un contributo al bene della città di cui si può essere grati al Dio della rivelazione biblica.
 
Accanto al personale ospedaliero si è diventati familiari anche con professioni normalmente meno esposte o conosciute. Si tratta dei laboratori, dei ricercatori, dei virologi e più in generale degli scienziati. Nei confronti della scienza e dei suoi continui progressi abbiamo tutti un enorme debito di riconoscenza. In molte occasioni abbiamo dovuto come registrare un sentimento d’onnipotenza da parte della scienza. Il passare del tempo sta sottolineando che è sbagliato pensare alla medicina con fiducia incondizionata. Malgrado tutti gli sforzi che giustamente vengono fatti per trovare un rimedio, non possiamo dire d’aver raggiunto l’obiettivo. Le statistiche ci riferiscono di positivi, guariti e deceduti.
 
Questo evento ha allora contribuito anche a mettere in crisi le sicurezze della società della tecnica, del controllo e della scienza. Dobbiamo riconoscere che ci sono limiti; che nessun impegno umano, per quanto serio e rigoroso esso sia, può prescindere da certi limiti. Non si tratta di coltivare alcun senso di rivalità com’è in qualche caso avvenuto in passato. Ma non si tratta neppure di rifugiarsi timidamente in disparte lasciando che la scienza pontifichi su tutto. Poiché all’Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa (Salmo 24,1), non c’è da avere alcuna inibizione.   
 
Siamo grati che l’onnipotenza rimane un attributo riconducibile solo a Dio che non muta. Ci rendiamo altresì conto che ogni volta che associamo inconsciamente tale attributo ad altri cadiamo nell’idolatria. Così, mentre confessiamo i pericoli dell’idolatria, preghiamo perché la scienza progredisca nel segno del timore dell’unico Signore rispondendo al mandato originario di Dio.

Pietro Bolognesi
17/3/2020