Sfide
per le chiese confessanti in tempi di emergenza
(V)
Sul come
parlarne ai bambini
In questi giorni chiusi in casa
tutti noi, adulti e bambini, siamo chiamati a
misurarci con un mostro tanto aggressivo quanto
sfuggente chiamato coronavirus. In verità noi
adulti dovremmo poter avere più elementi utili a
metabolizzare quanto sta accadendo, ma, a causa di
una incompleta e altalenante comunicazione, ci
sentiamo del tutto inappropriati quando si tratta
di rendere conto ai bambini di quanto sta
accadendo. Ed é a questo punto che le instabili
certezze di noi adulti sembrano non reggere in
frangenti come questi, dove non basta rassicurare
che "tutto andrà bene", usando peraltro un
simbolo, l'arcobaleno, di cui pochi conoscono la
storia che l'ha generato.
Alla sua generazione per 120 anni Noè non predica
un messaggio accomodante e rassicurante, ma
l'appello a mettersi in salvo dal veniente
diluvio. Non poteva dire “tutto andrà bene” e
disegnare un arcobaleno, che non conosceva ancora,
ma doveva invitarla al pentimento e ad entrare
nell'arca che stava costruendo.
Resta vero che tanto i bambini quanto gli adulti
hanno bisogno di essere rassicurati da medici e
scienziati, che in frangenti come questi sono
tartassati di domande a cui non possono fornire
risposte che si vorrebbero certe ed esaustive.
Sono medici e non taumaturghi! Ce la stanno
mettendo tutta, e vanno lodati ed apprezzati per
questo, ma essi stessi si sentono impotenti a
fronte di una minaccia così subdola ed aggressiva.
Nessuno come Gesù aveva ben chiara l'umana
propensione all'ansia e il bisogno di essere
rassicurati. Anche Gesù si presenta come il Medico
della persona e non uno dei tanti taumaturghi del
suo tempo. La sua predicazione non aveva lo scopo
di rassicurare l'uomo nel suo peccato ma di
sfidarlo a credere ed obbedire. Gesù era un
curatore di anime come nessuno, se pensiamo al
modo in cui approccia e riabilita il suo discepolo
Pietro sull'orlo di una crisi depressiva.
Se noi adulti non siamo rassicurati e viviamo
nell'ansia quotidiana, come potremo a nostra volta
rassicurare figli e nipoti? Si tratta di un
compito non semplice ma non del tutto impossibile,
nella misura in cui siamo disposti a prendere più
seriamente la nostra fede e fiducia nel Signore.
Questo non significa minimizzare o aggirare il
problema, non seguendo una certa pedagogia
spicciola che vuole rassicurare senza riuscirci.
Come aiutare i bambini a vivere in modo sano e non
traumatico una simile contingenza?
Nella Bibbia i bambini sono incoraggiati a porre
domande ai loro genitori e questi a prenderle
seriamente e a rispondervi. Sono autorizzati a
fare domande su usi e costumi del popolo a cui
appartengono per coltivare la memoria, che non è
sempre e solo fatta di aspetti positivi (Es
12,26s.; Gl 1,3). Innanzi tutto non va nascosto
loro il problema. La necessità ineludibile della
comunicazione non deve sacrificare la verità che
va detta anche quando è difficile da dire e da
udire. Nascondere la realtà della minaccia non
aiuta anzi amplifica l'ansia e l'incertezza. La
gravità del problema e della situazione non vanno
nascoste, ma vissute con uno spirito di fiducia
nel Signore e nelle capacità limitate ancorché
estese della medicina, che non va idolatrata, ma
posta al servizio dell'umanità e della salvezza
olistica del Vangelo. I bambini devono essere
aiutati a coltivare nella preghiera a Dio la
fiducia nella possibile soluzione del problema. Il
Dio che ci parla nella sua parola, a cui parliamo
nella preghiera e che ci esaudisce nelle nostre
richieste, è infinitamente più grande e potente di
ogni possibile coronavirus.
Pochi possono vantare nel loro curriculum un
naufragio in mare: l'apostolo Paolo è uno di
questi. Anzi, egli ne poteva vantare più di uno,
ma di uno ci narra il suo collaboratore Luca nel
libro degli Atti al capitolo 27. Il destino di 276
persone sembrava definitivamente segnato, se non
fosse stato per il fatto che Dio, volendo Paolo a
Roma per la testimonianza del Vangelo, portò in
salvo anche i restanti 275 dell'equipaggio. Siamo
chiaramente dinanzi ad una situazione umana fuori
controllo, tuttavia sotto la divina provvidenza di
Dio, a cui sono soggetti quegli elementi naturali
che rendevano la circostanza fuori controllo.
Perché nel mondo di Dio nulla gli sfugge, ma tutto
è sotto il suo controllo.
La Bibbia ci narra di altre circostanze in cui una
situazione umana apparentemente fuori controllo si
rivela pienamente sotto il controllo della
provvidenza di Dio. Si pensi alla storia di
Giuseppe, di Giobbe e di Gesù stesso, la cui morte
in croce, che determina tra i suoi una sorta di
"rompete le righe!", si rivela essere sotto il
pieno controllo del Padre, che non viene meno
nemmeno nel momento dell'abbandono.
Nelle famiglie di cristiani confessanti questo
problema deve essere vissuto come una opportunità
concreta di aiutare i bambini a vivere con più
realismo il loro rapporto con Dio, il quale ha
detto: "Io non ti lascerò e non ti abbandonerò"
(Ebrei 13,5). Dinanzi ad una situazione che pare
sfuggire di mano è possibile fare ancora
l'esperienza della provvidenza del Signore. Per
quanto compromessa può apparire la situazione in
cui veniamo a trovarci, essa non sfugge all'agire
provvidenziale di Dio.
La scuola sembra aver fornito ai nostri ragazzi
solo uno slogan da rilanciare: “tutto andrà bene”.
La famiglia cristiana confessante, più
appropriatamente, condividerà con loro una verità
in cui credere, una speranza da coltivare e
rilanciare e un amore da incarnare.
Matteo Clemente
19/3/2020
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