Sfide per le chiese confessanti in tempi
di emergenza (IX)
Sul mantenere ampia la visione
Dall'insorgere della pandemia
da Covid-19 il popolo di Dio si trova a vivere
un'esperienza fuori dall'ordinario.
Improvvisamente siamo costretti a ripensare ciò
che fino a ieri consideravamo normale. Non è il
coronavirus che ci ha fermati, ma Dio,
l'Onnipotente, l'Altissimo, Colui che rimane
sovrano sopra ogni evento della storia. Quando
Dio richiama il suo popolo con il grido di «Fermatevi»
«e
riconoscete che io sono Dio» (Sal
46,10) non lo fa con l'obiettivo di farlo cadere
in un sonno incantatore dopo il quale sarà
risvegliato magicamentecome se nulla sia
accaduto. Dio aggiunge «Io
sarò glorificato tra le nazioni,
sarò glorificato sulla terra». È come
aprire una finestra su un orizzonte sconfinato.
Questa è la visione alla quale Dio ci vuole
richiamare. Ci ferma per riconquistare una
visione adeguata di Lui, del Suo piano di
redenzione, della Sua storia.
Il rischio (sia individuale
sia comunitario) è quello di piegarci a
discutere solo il problema contingente, curvarci
su noi stessi nella commiserazione del nostro
stato, chiuderci nelle nostre preoccupazioni,
piangere sulle nostre ferite o sulle nostre
difficoltà seppur reali, limitandoci a gestire
la nuova ordinaria quotidianità ci dimentichiamo
lo scopo per cui Dio ci porta all'umiliazione:
la Sua gloria! Come possiamo abbracciare questa prospettiva tanto grande e
meravigliosa, come possiamo mantenere i nostri
occhi, la nostra mente, il nostro cuore e le
nostre mani aperte alla prospettiva di Dio?
1.
Allenare
la vista spirituale
In questo momento di incertezza, malattia e
paura le decisioni spesso sono prese sulla
base di ciò che si vede e si sente e c'è il
rischio che anche la chiesa si muova solo
sulla base di questi parametri. Essa però è
chiamata a sviluppare la vista spirituale, che
per mezzo dello Spirito Santo sa vedere
l'opera di Dio dove l'occhio umano non la
coglie (II Re 6,17), che sa cogliere i segni
dei tempi quando non pare esserci niente di
buono all'orizzonte (Mt 16,1-12), che è pronta
a fare scelte coraggiose anche a rischio
personale (Ester 4,12-14). Saremo pronti?
Vivere per fede in Cristo vuol dire allenarsi
a riconoscere le grandi cose che Dio compie
per essere pronti a seguirlo.
2.
Mantenere
attiva la testimonianza
La straordinarietà della situazione impone
conseguenze drastiche sulla vita della chiesa.
Non possiamo incontrarci fisicamente per
celebrare il culto, siamo impediti
nell'esercizio abituale dei vari ministeri
(pastorale, diaconale, culturale,
evangelistico...), cambiano in qualche misura le
nostre abitudini di preghiera comunitaria,
rallentano i nostri tempi. Proprio per questi
motivi dobbiamo esercitare una vigilanza
maggiore e gettare semi di testimonianza a vari
livelli che potranno essere raccolti a suo
tempo. L'annuncio dell'Evangelo non può essere
messo in stand-by. "Io sarò glorificato fra le
nazioni!" dice il Signore.
3.
Sapersi
uniti al popolo di Dio
L'isolamento, la riorganizzazione delle
attività della chiesa in modo digitale, le
nuove abitudini di vita, rischiano di farci
dimenticare che lì fuori c'è un popolo di
credenti nati di nuovo che insieme a noi
combatte le stesse battaglie e sperimenta le
stesse difficoltà. C'è molto che possiamo
fare: leggere le notizie della rete evangelica
più allargata, conoscerne le sfide e pregare
peresse, condividere la propria esperienza con
altre chiese, esercitare la liberalità,
pregare insieme.
4.
Pregare
per la chiesa perseguitata
Pregare con costanza per il popolo di Dio che
nel mondo soffre a causa della sua fede in
Cristo non ha benefici solo per chi è
l'oggetto della nostra preghiera, ma anche per
chi prega. Ci aiuta a ridimensionare le nostre
difficoltà, a rivalutare le nostre libertà, a
prendere posizione in difesa della libertà
religiosa in quelle nazioni e nella nostra e
ad essere incoraggiati ad una testimonianza
più integra e radicale.
5.
Nutrire
la memoria
La meditazione quotidiana della Parola a cui
si può aggiungere lo studio di scritti dei
padri della chiesa, la lettura della biografia
di una donna di Dio o di un movimento,
l'approfondimento di una dichiarazione
evangelica, la lettura di una voce del
Dizionario di teologia evangelica, la
visione di un film o di un documentario sulla
storia della chiesa, e molto altro ancora sono
tutti strumenti che ci aiutano a contemplare e
amare le grandi opere di Dio e a riconoscere
che in ognuna di esse non c'è l'uomo al centro
ma c'è l'impronta della fedeltà divina:
"Egli... si ricorda in eterno del suo patto"
(Salmo 111).
6.
Passare
il testimone
Ai tempi di Gesù, i discepoli volevano tenere
i bambini lontani da Lui perché non li
ritenevano all'altezza della sua visione, ma
il Maestro indignato, mette ordine: «Lasciate
che i bambini vengano da me; non glielo
vietate, perché il regno di Dio è di chi è
come loro» (Mc 10,13-16). Per prenderci cura
delle giovani generazioni che sono accanto a
noi, in questi tempi difficili, non c'è modo
migliore che avvicinarli a questa grande
visione di Dio. Nella misura in cui li
cresceremo nelle buone abitudini sopra
elencate e sapremo aiutarli ad "abbracciare
con tutti i santi quale sia la larghezza, la
lunghezza, l'altezza e la profondità
dell'amore di Cristo e di conoscere questo
amore che sorpassa ogni conoscenza" (Ef
3,18-19), allora sapremo che la gloria di Dio
raggiungerà le nazioni.
Lucia
Stelluti
6/4/2020